Quando le rime diventano armi

Notti in stazione e un letto dove capita: la storia del freestyle italiano da chi la vive tutti i giorni

Articolo di Giulio Volpe

Avete mai visto 8 Mile? Quando ero piccolo ricordo che rimasi folgorato dalla parte finale del film, con la battaglia tra Eminem e Papa doc. L’iconica scena riesce a mostrare tutte le caratteristiche essenziali per capire cosa sia una battle di freestyle: 2 (o più) persone che si rispondono, argomentando o offendendosi su qualsiasi tipo di argomento, in rima e a tempo, seguendo le solite 4 battute, l’unità di misura del tempo su cui si basa il rap, fino a che non viene fuori un vincitore. Ciò che mi stupì non fu solo la capacità di improvvisare dei concetti in una frazione di secondo ma soprattutto fu la rabbia, la voglia di riscatto negli occhi dei personaggi che nel film rappresentavano la gavetta tipo di ogni rapper dei primi anni 2000. Avrei scommesso che nel giro di poco tempo quella disciplina così affascinante avrebbe conquistato il mondo, menomale che non l’ho fatto, perché avrei perso tutti i soldi.

Infatti ad oggi in Italia il freestyle è una disciplina di nicchia, con pochi fan accaniti e senza alcun riconoscimento per coloro che riescono a raggiungerne la vetta. Ma andiamo a vedere meglio la nostra situazione.

Già dalla fine degli anni 90 in Italia spuntano i primi freestyler ma è nel 2003, guarda un po’ anno di uscita di 8Mile, con la nascita del contest più longevo di tutti, il Tecniche Perfette, che in Italia inizia a diffondersi la disciplina, con contest sempre più importanti, come il 2 the beat, che vede sul palco nomi poi diventati molto famosi grazie alle loro canzoni e ai loro successi nelle sfide. Rapper del calibro di Ensi, Mondo marcio, Clementino e più tardi Emis Killa muovono i loro primi passi proprio in questi contesti. In questo periodo il freestyle è stile, attitudine e presenza scenica, i freestyler s’impegnano a rappare in maniera molto fluente senza concentrarsi su concetti troppo articolati ma andando dritti al punto, complice anche il fato che in quegli anni votava il pubblico, spingendo la disciplina in una direzione più d’impatto e con meno tecnicismi. 

Lo stile subirà però moltissimi cambiamenti nel corso del tempo, dividendo proprio in ere la storia del freestyle. Dopo la prima quindi che abbiamo appena analizzato, vediamo la parte dove la disciplina ha raggiunto la sua massima diffusione in Italia, il periodo tra il 2010 e il 2015 con la messa in onda del programma “MTV SPIT” che porta il freestyle nelle televisioni di tutti, complice anche la crescente diffusione del rap in quel periodo. Mentre il rap conquista il nostro paese diventando il genere più ascoltato, nuovi talenti, come Nitro, Shade e Fred de Palma iniziano a far parlare di loro. La forza di questa generazione fu quella di cavalcare il successo nel freestyle con canzoni che diventeranno famosissime, assicurando fama a questi artisti e di riflesso alla disciplina, che in questi anni è più seguita che mai. Iniziamo a vedere anche giurie ai contest, che piano piano iniziano ad avere artisti sempre più diversi tra loro, le punchline (ossia delle forti frasi ad effetto) iniziano ad essere l’arma principale per vincere le battle, sostituendo lo stile dei primi anni 2000. Questi artisti col tempo passeranno a dedicarsi solo alla scrittura, diventando affermatissimi, lasciando spazio alla nuova era del freestyle, quella odierna.

Tutto inizia nel 2016, quando Nitro, leggenda della generazione appena passata, insieme a Dj Ms crea il Mic Tyson, il contest che segna il passaggio a un nuovo modo di fare freestyle. Sul quel palco si metteranno in luce alcuni dei freestyler più geniali della nostra storia. Gente come Shekkero, Blnkay, Debbit lascia a bocca aperta i rapper del passato, sfoggiando una tecnica completamente su un altro livello. Il freestyle inizia a essere condito da moltissimi tecnicismi fino a quel momento reputati troppo complessi per l’improvvisazione, chiasmi, multisillabiche, anagrammi, extrabeat iniziano a diffondersi e i concetti espressi si complicano con metafore e rime dall’impatto sempre maggiore. Nonostante la crescita del livello però, non cresce il pubblico, anzi, diminuisce fortemente. 

Il freestyle sparisce dalla tv a seguito della fine di SPIT e il Covid è la mazzata finale per l’economia di una disciplina ancora sul trampolino di lancio. I contest sono costretti a diminuire sempre di più il loro budget, e il numero dei fan e dei freestyler diminuisce. Oggi però, 8 anni dopo il Mic Tyson, il freestyle sembra essere riuscito timidamente a riniziare la propria scalata verso il mondo del mainstream. Questo lo dobbiamo alle tantissime crew nate negli ultimi anni con lo scopo di unire le forze per collaborare tutti insieme al ritorno del freestyle ai fasti di un tempo. Prima su tutte la FEA (freestyle élite agency) che inizia a pretendere retribuzioni per i propri membri, cercando di uscire dalla prassi per cui i freestyler seppur molto forti e conosciuti, non meritassero un pagamento al pari degli altri artisti. Oggi la battaglia del freestyle è proprio questa, legittimare il proprio ruolo e richiedere i giusti compensi a seguito della forte svalutazione di questo ruolo. Il freestyle italiano ora è segnato infatti da una gavetta estenuante quanto romantica, notti in stazione, lunghe trasferte per assicurarsi di partecipare a più battle possibile, sacrifici economici molto importanti e decine di letti occasionali nella casa di colui che ha avuto la fortuna di vivere più vicino al contest di quella settimana, ed è forse l’aspetto più interessante. 

Nonostante  il fascino di questo modo di vivere la musica, sarebbe però fondamentale che una volta che questa gavetta ha portato i suoi frutti, ci fosse poi un compenso economico o perlomeno un riconoscimento sociale paragonabile a quello degli altri artisti, che ad oggi è praticamente inesistente.

In conclusione, la battaglia del freestyle per il riconoscimento che merita è ancora molto lunga, ma vecchie leggende e nuove promesse s’impegnano quotidianamente per portarla a termine: se sei curioso di vedere nello specifico di cosa sono in grado questi ragazzi in fondo all’articolo lasciamo qualche video dimostrativo.

(Le foto a corredo dell’articolo sono del Contest One Take di Arezzo)

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L'autrice / autore

Cresciuto nelle campagne tra Arezzo e Siena, la mia vera passione è la parola, in tutte le sue infinite declinazioni, che cerco di usare per migliorare la realtà che mi circonda. Amo i videogiochi, il freestyle rap e soprattutto la politica, non quella dei partiti di oggi, ma quella utile, basata sulla ricerca del confronto e non dello sterile consenso.