Un giorno da inviati speciali a Milano per intervistare Giulio Incagli, il giornalista sportivo che ha fondato la testata on line più seguita dagli appassionati di calcio
Dai nostri inviati Lorenzo Piccini e Giacomo Grassi
Nella società di oggi la filosofia del “tutto e subito” viene perseguita da un vasto numero di persone che ricercano una via facile verso il successo, la fama o la ricchezza . E molti sono spaventati dall’incertezza sul futuro e dalle difficoltà nel realizzare concretamente le proprie ambizioni.
Esiste tuttavia un’altra scuola di pensiero, che vede nella dedizione e nell’impegno la chiave per raggiungere i propri scopi, imparando a superare le difficoltà del percorso da seguire.
Fra i fautori di questa prospettiva, troviamo senza dubbio Giulio Incagli, ossia il creatore di Cronache di Spogliatoio, la testata giornalistica online sul mondo del calcio nata nel 2019 che attualmente registra oltre 9 miliardi di interazioni annue, superando colossi come Sky Sport e la Rai.
Per questa ragione, oltre che mossi da una grande passione per il calcio, lo abbiamo intervistato dal vivo nella sede di Cronache a Milano, anche per capire come una realtà partita dal niente sia riuscita ad impattare in maniera così forte nel mondo del giornalismo sportivo sui social.
L’arrivo
Appena arrivati alla sede, siamo rimasti affascinati dall’immensità dello studio e siamo subito stati accolti da Giulio Incagli, che ha cominciato a domandarci come siamo entrati in contatto per la prima volta con Cronache; abbiamo risposto che li seguiamo all’incirca dal 2020, quando ancora non facevano soltanto giornalismo come ora ma pubblicavano post volti a coinvolgere i “giovani calciatori”. Esempio: “CHE ATTACCANTE SEI? METTI UNA X NEGLI SPAZI APPOSITI E TAGGA 2 AMICI”. A quel punto, Giulio sorride e ci spiega la ragione della scelta di cominciare a pubblicare storie e post di questo tipo su Instagram.
Capitolo 1
Trovare un percorso
Comincia la digressione di Giulio, che ci descrive una delle problematiche più importanti della nostra generazione: l’assenza di un percorso da seguire. Secondo lui, la nostra modernità è caratterizzata da modelli di fama e successo discutibili, impossibili da replicare o prendere come esempio positivo, poiché non possiedono alcuna peculiarità che li distingua dalla massa; in sostanza, il loro successo è una casualità, seguiti per l’immediatezza e la brevità dei loro contenuti piuttosto che per una qualità del “prodotto” che propongono. Qui si trova la risposta nella scelta di cominciare proponendo contenuti meno impegnati per attirare l’attenzione, capaci di dare un primo input d’interesse alle persone attraverso un contenuto breve ed efficace, che oggi per Cronache è rappresentato da quiz calcistici molto accattivanti. Tuttavia, ciò non significa che si sia fermato a questo tipo di media. “Cronache ha sempre voluto avere l’ambizione di rappresentare un percorso”, dice lo stesso Giulio.
Capitolo 2
Il declino dei media tradizionali
A questo punto, Giulio ci racconta l’episodio che ha scatenato la sua voglia rivalsa sul decadente mondo del giornalismo moderno. Parlando del periodo in cui lavorava in un giornale toscano (2015), spiega come non sia riuscito ad ottenere la giusta notorietà, oltre che un giusto compenso economico, perché al giorno d’oggi il pubblico che segue i media tradizionali come la televisione, i telegiornali o la radio invecchia sempre di più. Quindi sono sempre meno seguiti e di conseguenza le retribuzioni sono sempre più basse. “Il pubblico non c’è più, non compra più il prodotto, l’editore non guadagna, l’editore non paga più il giornalista”, commenta amaramente. Per questa ragione “ho deciso di esplorare un pubblico mano a mano sempre crescente, ovvero quello dei social network, all’epoca ancora inesplorato e povero di contenuti di qualità ma pronto per una vera e propria rivoluzione giornalistica”.
Capitolo 3
L’ambizione di sconfiggere il Carpe Diem
Giulio riprende il discorso sull’importanza di trovare modelli da seguire per ambire ad un futuro migliore per se stessi. Per questo ribadisce l’importanza di trovare un percorso; ciò tuttavia implica una maggiore difficoltà nel realizzarci, proprio perché questa via risulta più ardua e faticosa. “La complessità è un dono, essa può renderci diversi dagli altri, può salvarci dall’omologazione dell’individuo”, afferma brillantemente. Per rendere il concetto più chiaro, riporta la citazione cardine del recente film “Perfect Days”, ossia “Adesso è adesso, domani è la prossima volta”. Una frase che secondo lui riassume la filosofia della nostra epoca: il mondo è troppo complesso e veloce per cercare di capirlo, per questa ragione siamo portati a godere del nostro presente senza costruire qualcosa di concreto per il nostro futuro. Ma così facendo si potrà solo vivere un “continuo adesso” che non genera una crescita o un’evoluzione personale. “Nonostante sia più arduo, bisogna credere nell’idea del percorso, seguendo una via che sul breve periodo appare solo come un sacrificio, ma che diventerà in seguito qualcosa in cui credere fermamente”.
Conclude la sua considerazione portando un dato estremamente interessante: in tutto il Mondo degli under 14 che possiedono un cellulare, fanno parte all’84% i figli di persone in stato di povertà, il restante 16% appartiene alla categoria della classe media borghese, mentre i figli dei dirigenti della Silicon Valley non possiedono uno smartphone. Ciò a detta di Giulio ci dona una rivelazione facilmente comprensibile, ossia che coloro che vendono i prodotti informatici sui quali fanno business non danno la possibilità alla propria prole di possedere un dispositivo elettronico per evitare che si abituino ad un mondo fatto di scrolling compulsivo, governato dalla mentalità del Carpe Diem e del tutto e subito. “Dobbiamo prestare molta attenzione a questa concezione semplicistica e illusoria della realtà, che è molto più complessa di così . E dobbiamo cercare di renderla motivante e stimolante nella maniera più assoluta possibile, anche quando sembra non lo sia affatto. “Io faccio la mia parte – dice Giulio – Voglio lasciare dei modelli scoraggianti, perché per me lo scoramento è l’anticamera del movimento”, insegnandoci perciò l’importanza di avere uno scopo che ci dia un’ambizione capace di superare le difficoltà della vita.
Capitolo 4
Difficoltà, scorciatoie e significato di successo
Giulio procede facendoci rendere conto che la loro idea di costruire un’azienda attraverso i social network presenta molte difficoltà, perché essendo un mezzo di comunicazione strutturato per la massa, la quantità ridotta di capitale non permette una crescita facile e veloce. Ma questo non è una motivazione che lo spingerà ad arrendersi, ma anzi avvicina molto la realtà di Cronache all’idea di “Resistenza”.
“Voglio creare un effetto straniante in coloro che scorrono i contenuti sui social. L’obiettivo è cambiare gli standard delle persone, e nel piccolo ci sto provando. Lo standard è più alto, e per farlo rimanere sostenibile devo impegnarmi molto, in modo tale che un giorno il mercato giri a nostro favore. Ma attualmente non è così, e per riuscirci in modo veloce, dovrei vendermi alle scorciatoie.”
Quest’ultima frase spiega perfettamente il pensiero di Giulio, e costituisce la base del progetto Cronache di Spogliatoio. Ciò lo esprime così: “La cosa difficile è non accettare la scorciatoia, preferendo la via più lunga, anche se va malissimo e non funziona. Nel momento in cui va male, potrebbe crescere in te la voglia di accettare la scorciatoia, quando invece devi credere nella strada più lunga, perché è il modo per non allontanarsi da ciò che vuoi essere. Il percorso è sempre più complicato di come lo rappresentano, ma anche estremamente più affascinante e soddisfacente di come lo raccontano.”
Un’altra riflessione intrigante è quella sulla definizione di “Successo”.
“Voi oggi avete avuto successo, perché vi siete riuniti, avete preso un treno e siete venuti qui. Ma che questo sia stato un successo, lo decidete voi, non lo decidono gli altri. Se gli altri decidono cosa è per te il successo, non sei più te stesso, sei un prodotto della società.”
Un messaggio davvero significativo, che porta con sé un invito a non omologarsi nel misurare il successo con parametri standard quali la ricchezza in denaro o la popolarità, ma spostando l’unità di misura su ciò che è rilevante per noi.
Capitolo 6
Rifiuto, passione e studio
Giulio continua parlandoci di concetti che fanno parte della vita umana, partendo da quello del rifiuto, introducendolo con un parallelismo legato alla “Divina Commedia”:
“Dante non arriva a Beatrice, e allora trova l’ispirazione per creare un’opera di cui ancora oggi siamo qui a parlare. E allora un rifiuto diventa qualcosa su cui costruire. Il rifiuto però non deve diventare un alibi. Non ci deve essere una persona che ti aiuta a trovare una soluzione.
Non bisogna trovare il modo per non provare dolore, perché se non provi più queste sensazioni, non nascono più i futuri Dante. Se hai modelli di riferimento sbagliati, quando dovrai affrontare le difficoltà le fronteggerai come fanno i tuoi modelli. Quindi se non sei più interessato a seguire il percorso, perdi fiducia. E se non hai più niente da perdere, non è stimolante vivere.”
Giulio sottolinea con enfasi l’importanza del rifiuto come catalizzatore del movimento, dell’azione, che non deve diventare un alibi per fermarsi ma un motivo ulteriore per non allontanarsi dal percorso.
Prosegue parlando della passione come valore, scoperto proprio grazie al calcio, sport sul quale è basato il suo progetto d’informazione. Infatti evidenzia come il calcio sia attualmente solo una parte, seppur importante, del suo piano, e che lo considera “un ottimo cavallo di Troia per raggiungere le masse”.
Quindi parla dell’importanza dello studio, spiegandoci come sia un ottimo strumento per creare empatia con un eventuale ospite da intervistare:
“Cosa permette nelle interviste di far scattare l’empatia? Il fatto che tu dimostri di essere preparato. E questo è stimolante per chi guarda, perché lo puoi fare veramente anche te, ma sempre attraverso un percorso. L’intervistatore ha un valore, e deve aggiungere qualcosa della vita dell’intervistato, altrimenti diventa uno show di quest’ultimo.”
L’idea di giornalista che ha Giulio è quella di un professionista che mette a proprio agio l’ospite, creando quindi un’atmosfera in cui l’intervista abbia uno sviluppo simile a quello di una piacevole chiacchierata.
Capitolo 7
Come nasce Cronache di Spogliatoio?
A questo punto, a nostra richiesta, Giulio ci racconta come e da dove nasce l’idea di Cronache di Spogliatoio, oltre a parlarci un po’ di sé:
“Cronache nasce dalla storia mia e di Stefano Bagnasco. Lui aveva un’azienda di social media management, e aveva le conoscenze dei social network e della commercializzazione del prodotto. Io invece vengo dal giornalismo tradizionale.
Mi piaceva tanto la letteratura, la filosofia, la storia e il calcio, e volevo fare il giornalista sportivo.
Un giorno vado a farmi i capelli, e raccontando al parrucchiere del mio sogno, lui mi dice che nella stessa via c’era Cristiano Puccetti, che ai tempi era l’unico giornalista fiorentino che lavorava a Mediaset. Allora vado a casa sua dopo essermi fatto i capelli e gli dico “Ciao, mi ha detto il tuo numero civico il parrucchiere, voglio fare il tuo lavoro”.
E lui mi aiuta ad entrare al Brivido Sportivo, nel quale scrivevo per il sito del giornale.
Dopo sono entrato a Firenze Viola, poi a Radio Blu, Radio Sportiva, La Nazione e Toscana Tv. Facevo di tutto tra radio, tv, giornale, sito. Nel frattempo facevo lettere moderne all’università, ma lavoravo sette giorni su sette. Allora decido di abbandonare l’università e specializzarmi in ciò che stavo facendo.
Sono stato però molte volte scoraggiato dai miei idoli. Infatti quando andavo da loro e gli manifestavo di voler diventare un giornalista sportivo, loro mi dicevano “Lascia stare, ormai questo lavoro è finito, non paga più come una volta.” Quindi i miei modelli mi stavano dicendo che non ne valeva la pena, e allora dove vai a trovare le risposte? Io però non ci stavo. Ma per me il giornalismo sportivo esisteva solamente nella maniera più tradizionale, perché i social network li ripudiavo.
Ho avuto però l’umiltà di abbandonare tutto ciò che avevo per ripartire da zero e venire a Milano, dove lavoravo per un’agenzia che vendeva commercialmente le community calcio in Italia. Sono stati i primi a capire le potenzialità dei social dal punto di vista pubblicitario. Mentre lavoravo anche a Radio 105, ho cominciato a studiare come funzionavano i social network.
Dopo una settimana a Milano, Radio 105 mi manda a fare la Confederations Cup in Russia, era il 2017, e lì conosco tre ragazzi spagnoli, giornalisti sportivi su youtube, con un canale chiamato “Campeones”. Io li vedevo con un’aria di superiorità, perché il giornalismo per me era quello tradizionale.
Vado in camera di hotel e, avendo comunque conosciuto dei ragazzi davvero competenti, cerco i loro contenuti. A quel punto vedo che il canale era sponsorizzato dalla birra più importante in Spagna, e che intervistano giocatori come Koke, guardano i sorteggi di Champions League con Xavi e Iniesta.
Quella è stata la sliding door , cioè il grande il bivio della mia vita.
Tornato dalla Russia, mi prendo una settimana di ferie per andare in Spagna a studiare quel fenomeno e per capire anche cosa avevano sbagliato, visto che purtroppo non sono riusciti a durare nel tempo. E capisco che non hanno creato un’azienda vera e propria, che invece è quella che ti salva, perché crea un metodo, e quindi un modello sostenibile nel tempo.”
A differenza di “Campeones”, Giulio e Stefano decidono fin da subito di creare un’azienda attorno al progetto, e nel 2019 nasce “Cronache di Spogliatoio”, che con un percorso lungo ed impegnativo diventa il media attualmente primo per numero di interazioni in Italia.
Chi era Giulio Incagli?
La lunga chiacchierata si conclude con una domanda molto personale, ovvero “Che bambino eri?”
Giulio risponde in modo per niente banale, inducendoci come per tutta la durata dell’intervista a riflettere:
“Ero un bambino normalissimo, nel senso più vero del termine, anche dal punto di vista negativo. Un ragazzo che all’esterno rappresentava un’immagine di sé anche banale. Andavo male a scuola, avevo delle materie che mi appassionavano, ma non mi sono mai fatto troppe domande su chi fossi, e crescendo ho conosciuto persone che a quell’età invece se le ponevano.
Mi sono sempre sentito sicuro di me, superiore rispetto agli altri, ma ciò non accendeva un fuoco dentro di me.
La mia famiglia ha fatto di tutto per farmi sentire il sole del mondo, senza merito, e infatti non so perché ho voluto faticare tanto, visto che il modello era quasi opposto.
Però quando dico a mio padre che voglio diventare un giornalista sportivo e lui mi dice “Ma poi di lavoro vero cosa vuoi fare?”, capisco che è una provocazione per vedere se volevo farlo veramente. Mi ha scoraggiato, ma non ho mollato.
Poi i miei genitori sono stati i miei primi sostenitori, ma il fatto di avermi dato tutto quello che serviva e qualcosa in più ha anestetizzato un po’ i sogni e le ambizioni.
Quel ragazzino aveva dentro di sé le risposte, e a quell’età non ce le puoi avere.”
Aggiunge infine un messaggio diretto ai ragazzi della futura generazione, basato anche sulla propria esperienza:
“L’errore più grande a 18 anni è quello di imporsi un limite vitale. In qualsiasi ambito puoi flirtare con il limite, però bisogna lavorare per toccarlo. A quel punto diventa stimolante, ma bisogna porlo il limite. Puoi dire “Io voglio diventare come Dante”, ma devi sapere che oggi non lo sei. Non ti potrò mai dire che non puoi diventare come Dante, ma devi essere consapevole che oggi non sei a quei livelli. E per questo è importante seguire un percorso.”
Così finisce una chiacchierata ricca di spunti e riflessioni, da cui usciamo con nuove consapevolezze e risorse per affrontare il futuro che verrà. Felicissimi di aver vissuto questa fantastica esperienza, ringraziamo la disponibilità, il lavoro di Giulio Incagli e dello staff di Cronache di Spogliatoio, augurandogli il meglio per lo sviluppo del proprio progetto d’informazione.