La prima volta che ho immaginato un giornale che potesse essere un mezzo di connessione tra tutti gli studenti della Toscana non era ancora finito il 2021, il covid permeava ancora la totalità delle nostre esistenze, la Russia non aveva sfondato le difese Ucraine e l’Italia aveva appena vinto l’Europeo di calcio. Ora il 2024 è alle porte, il covid è paragonato a un raffreddore, il confine tra Russia e Ucraina è un cumulo di macerie, l’Italia non è nemmeno presente ai mondiali, ma io ancora scrivo gli articoli di giornale in prima persona, anche se è un errore, tecnicamente.
Insomma, il mondo cambia molto velocemente mentre noi rimaniamo indietro, questa è la lezione più chiara che ho imparato in questi tre anni di scontri nel tentativo di creare questa realtà e migliorare la scuola in Italia.
Che poi, la domanda che nessuno si pone è proprio questa: perché scontrarsi? È davvero necessario che uno studente che non può nemmeno votare perché minorenne si vesta da Don Chisciotte e combatta i mulini a vento rappresentati da meccanismi e dinamiche che bloccano ogni sorta di cambiamento? Purtroppo, sì.
Il mondo non cambia da solo; abbiamo creato negli anni un sistema scolastico che replica il presente in maniera perfetta: il figlio del direttore dirigerà, il figlio dell’operaio si spaccherà la schiena e il figlio del ladro ruberà. E per qualche motivo, chiunque provi a migliorare questa situazione viene isolato, reso innocuo, ucciso mediaticamente, e magari non solo, per poi essere pianto 30 anni dopo, quando è morto, inutilmente.
Ma certe storie hanno una forza talmente grande da essere utili e far paura a questo ordine che si autorigenera. Parlando di scuola, che dovrebbe avere un ruolo trasformativo del presente, non può che venirmi in mente uno degli uomini che più di tutti ha prima sofferto l’isolamento e poi l’ipocrisia del pianto, dopo la sua morte, per mano dei suoi stessi aguzzini: Don Milani.
Per chi non lo conoscesse fu un prete e un docente che credeva fermamente nell’importanza dell’istruzione come strumento magnifico, in grado di dare dignità e possibilità a tutti, in particolare agli emarginati, e per questo la Curia di Firenze lo relegò a Barbiana, una minuscola frazione sperduta nelle montagne del Mugello. Da lì, con i pochi strumenti che aveva mise in piedi una scuola basata sull’obbiettivo di fornire ai bambini di questo posto, all’epoca emarginato e limitato socialmente, degli stimoli per farli crescere, dandogli gli strumenti per affrontare il mondo che altrimenti li avrebbe lasciati indietro. Così facendo, con la forza dell’esempio, mostrò cosa l’istruzione potrebbe e dovrebbe essere.
A lui vorrei dedicare questo primo editoriale di Generazione News, esprimendo la mia rabbia per l’enorme spreco di tutte quelle lezioni fondamentali che la sua storia ci ha fornito e che noi troppo spesso ci dimentichiamo di applicare.
Ecco perché abbiamo voluto fare questo giornale, per unire tutti i Don Chisciotte del sistema scolastico italiano, che attraverso manifestazioni e organi di rappresentanza combattono contro questi vecchi e fastidiosi mulini, senza mai riuscire ad affondarli.
Sogniamo una piattaforma dove poter dare peso mediatico alle notizie riguardanti la scuola e il mondo esterno, e crediamo che Generazione News possa esserlo, perché le cose cambieranno solo quando saremo tutti a volerlo.
La scuola non è in grado di formare adeguatamente i ragazzi, anche se per fortuna ci sono eccezioni poco comuni che trovano proprio nella loro rarità ulteriore valore e importanza, in primis la nostra regione che ha confermato il valore che conferisce a questo tipo di progetti e attività anche finanziando e fondando il giornale su cui sto scrivendo in questo momento.
Ma nella maggior parte dei casi gli studenti ricevono solo nozioni e mai competenze con lezioni frontali e sterili, trovandosi impreparati alla maggior parte delle sfide che la vita pone davanti. Crediamo di poter cambiare, di emancipare gli studenti e fornire lo spirito critico necessario per scegliere le proprie battaglie restituendo la scuola a chi davvero dovrebbe sentirla propria. Vogliamo una scuola che formi cittadini, non robot da lavoro.
Per dirla con le parole di Don Milani: che cambi il presente, non che lo replichi.